L’Italia punto di riferimento per le terapie avanzate

I prodotti ATMP offrono soluzioni a malattie incurabili ma portano con loro un bagaglio di complessità scientifico-tecnologiche e regolatorie la cui gestione richiede ancora molti sforzi: se ne parla nel webinar “Terapie avanzate in Italia: l’oggi e il domani” organizzato dall'Istituto Superiore di Sanità e Assobiotec-Federchimica

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ATMP

Il tema del trasferimento delle cure, soprattutto nel caso delle ATMP, è al centro dell’attenzione del mondo della Sanità.

L’innovazione procede, ma sono ancora presenti molti ostacoli lungo il percorso.

Una delle missioni dell’ISS è favorire l’approvazione delle nuove terapie e l’accesso alle cure da parte dei pazienti

Patrizia Popoli – ISS

Il Presidente di Assobiotec Riccardo Palmisano apre l’incontro organizzato congiuntamente con l’Istituto Superiore di SanitàTerapie avanzate in Italia: l’oggi e il domani” ricordando le complessità nella gestione delle ATMP e il mix di opportunità e criticità coinvolte nel loro sviluppo.

Rievocando uno dei messaggi recepiti dalla pandemia, forse il più importante, quello della necessità di un dialogo fitto e proattivo fra tutti gli stakeholder coinvolti, mette a fuoco una delle soluzioni da portare nel futuro.

La storia di Evelyn

Non può lasciare indifferenti la storia di Evelyn e della sua famiglia, emblematica di quanto il farmaco oggi rivesta un ruolo sociale sempre più delineato e presente, di quanto possa essere, in determinate circostanze…

…an amazing gift

Papà di Evelyn, 3 anni, paziente SMA

Nel video proiettato in apertura di meeting, un papà ripercorre le vicende dolorose della sua famiglia. Racconta di come lui e sua moglie abbiano perso una figlia, morta in tenera età a causa della SMA.

Poi il tentativo di costruire un futuro, una nuova gravidanza e la nascita di Evelyn, seguita dalla doccia fredda della seconda, tremenda diagnosi: anche lei positiva per la stessa malattia.

Questa volta, la sofferenza ha attivato percorsi diversi, che hanno incrociato i nuovi sviluppi della ricerca clinica. Evelyn è stata trattata con la terapia genica molto precocemente, prima che la malattia producesse danni irreversibili. Un’infusione di un’ora, in una giornata piena di speranza, ma anche di gelido realismo.

Oggi i genitori di Evelyn hanno ritrovato il sorriso: guardando la piccola senza sapere del suo travagliato passato, non si immaginerebbe mai tutto ciò che è successo

Come potremmo definire quello che è successo se non come un miracolo? Il giorno in cui Evelyn ha cominciato a sollevarsi da sola da terra, quando abbiamo capito che il farmaco stava funzionando è stato il momento più felice della nostra vita

Mamma di Evelyn, 3 anni, paziente SMA

Dal CAR-T alle terapie geniche e alla ricostruzione dei tessuti

Maria Luisa Nolli, coordinatrice del Gruppo di Lavoro Cell&Gene e membro del Consiglio Direttivo di Assobiotec e del Board EuropaBio, dà inizio al suo intervento sottolineando la dimensione delle quote di mercato guadagnate dai farmaci per ATMP dagli anni ’90.

Le terapia avanzate comprendono una complessità intrinseca che la comunità scientifica ha imparato a conoscere e al tempo stesso offrono opportunità uniche. Sono circa 1.200 le aziende che nel mondo sono impegnate nel loro sviluppo (+200 rispetto allo scorso anno). 2.600 i clinical trials attivi nel mondo (per metà realizzati da industrie biofarmaceutiche e per l’altra metà da realtà accademiche e istituzionali).

In Europa sono 209 le company che stanno sviluppando prodotti per ATMP e 238 i clinical trials sponsorizzati dall’industria; 14 le terapie avanzate attualmente approvate (4 approvate da EMA nell’ultimo anno) di cui 7 approvate per la rimborsabilità da AIFA.

L’industria biofarmaceutica propone un modello di sviluppo caratterizzato dall’interazione stretta fra pubblico e privato, un aspetto che continua a rivelarsi molto efficiente. Uno dei punti fondamentali è rappresentato dall’outsourcing delle attività che afferiscono alle prime fasi della ricerca e sviluppo a istituti accademici, centri di ricerca o piccole biotech, secondo paradigmi nuovi basati su modelli industriali di licenza e/o acquisizione per arrivare alla commercializzazione.

La sfida del presente e del futuro è quella di estendere l’accesso degli ATMP a un numero sempre maggiore di pazienti.

La terapia genica per le malattie genetiche rare

Produrre terapia genica per curare le malattie genetiche rare è la missione di Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica SR-Tiget, di cui Alessandro Aiuti è vicepresidente.

Aiuti ricorda come la terapia genica possa essere applicata attraverso vari approcci. I principali sono rappresentati dalle metodiche:

  • ex-vivo: le cellule vengono raccolte, modificate al di fuori del corpo del paziente e reinfuse nel suo organismo; vengono impiegati vettori virali e tecniche di editing genomico
  • in-vivo: viene iniettato nell’organismo del paziente un vettore virale che trasporta il gene terapeutico; anche per questa tecnologia l’evoluzione guarda all’editing genomico.

Le applicazioni della terapia genica sono molteplici, così come le ripercussioni positive sulla cura delle malattie genetiche.

La terapia genica della SMA

La terapia genica della SMA è una storia di successo. L’atrofia muscolare spinale è una malattia rara che richiede una diagnosi precoce (da qui l’importanza dello screening prenatale).

Rappresenta molto anche per il nostro Paese: negli studi che hanno portato alla registrazione, gruppi di ricerca italiani hanno avuto un ruolo fondamentale.

La patologia viene guarita con una sola infusione del gene terapeutico. La maggior parte dei bambini trattati è ancora in vita, non richiede supporto ventilatorio e per il 50% circa ha sviluppato abilità muscolari tali da reggersi in piedi in autonomia.

L’Italia è un punto di riferimento per ATMP

Ad oggi EMA ha approvato 4 farmaci ATMP.

Tiget ha portato al letto dei pazienti 5 terapie geniche per la cura di 5 malattie genetiche, partendo dall’inizio del percorso di sviluppo e intervenendo in tutte le fasi, dagli studi preclinici alla registrazione in 2 casi (ADA-SCID e leucodistrofia metacromatica – MLD). Negli altri 3 casi (sindrome di Wiskott-Aldrich – WAS, beta-talassemia e mucopolisaccaridosi di tipo 1 – MPS 1) il traguardo dell’autorizzazione è ancora da raggiungere.

L’Italia è punto di riferimento mondiale per lo sviluppo delle terapie avanzate e questo è un traguardo ottenuto anche grazie al supporto trasversale di tutti gli attori coinvolti, incluse le agenzie regolatorie, che hanno dovuto supportare quello che era considerato un approccio pionieristico alla cura

Alessandro Aiuti – vice Presidente Tiget

Aiuti ricorda anche l’impegno di Fondazione Telethon, del suo ruolo essenziale a garanzia dell’indipendenza della ricerca.

ADA-SCID, la storia di un successo

Il deficit di adenosin deaminasi (ADA-SCID) è una malattia ultrarara, gravissima, che comporta gravi deficit nell’attività del sistema immunitario.

La terapia genica sviluppata per ADA-SCID è indicata per pazienti che non hanno un donatore fra i famigliari.

I 18 pazienti inizialmente reclutati sono andati incontro ad un ripristino del normale funzionamento del sistema immunitario, che ha consentito una sopravvivenza al 100% e nell’80% senza necessità di altri trattamenti.

I dati confermati ad oggi parlano di 41 pazienti trattati (17 dei quali in fase post marketing), tutti in vita.

Per quanto riguarda gli aspetti di sicurezza, l’unico rischio è quello della mutagenesi inserzionale: si è registrato, da questo punto di vista, un caso di leucemia in un paziente, che non ha inciso su rapporto beneficio/rischio globale del trattamento.

Le cellule staminali ematopoietiche

Questo tipo di cellule viene utilizzato sia per il trattamento di alcune malattie del sangue, che per veicolare l’enzima mancante nelle patologie metaboliche del sistema nervoso centrale o dell’osso (con grandi vantaggi rispetto al trapianto allogenico).

Le cellule staminali ematopoietiche vengono impiegate per la cura delle malattie metaboliche o degenerative. Migrano nei tessuti bersaglio e producono l’enzima mancante, sopravvivendo per decenni: per questa ragioni rappresentano una soluzione curativa e definitiva.

La leucodistrofia metacromatica

La leucodistrofia metacromatica (MLD) è una patologia demielinizzante, che produce alterazioni del sistema nervoso (sia centrale che periferico) e porta all’accumulo di sulfatidi. La progressione della malattia è rapida e conduce alla perdita delle capacità motorie, di alimentazione e linguaggio, fino alla morte.

Per questa malattia è stato sviluppato un approccio di terapia genica con vettori lentivirali. Si è trattato di un processo molto lungo, che ha richiesto 10 anni per arrivare alla sperimentazione clinica e altri 10 per l’approvazione. Ma era anche una delle prima circostanze in cui questi vettori andavano in clinica e dunque si sono poste questioni su più fronti, incluso il tema delle GMP.

I risultati, però, non hanno disatteso le promesse: i bambini trattati in fase pre-sintomatica hanno acquisito tappe motorie di gran lunga superiori a quelli appartenenti al gruppo di controllo, con dati che saranno pubblicati a breve. Alcuni bambini hanno mantenuto in parte l’impairment motorio, ma anch’essi hanno avuto uno sviluppo cognitivo normale rispetto alla storia naturale della malattia.

Le prospettive della terapia genica

La terapia genica rappresenta un approccio promettente, nel quale la ricerca italiana può assumere un ruolo centrale. Tuttavia, ci sono ancora troppi ostacoli sul suo percorso di sviluppo.

Molte sono le soluzioni su cui si ancora si deve lavorare, unendo le forze.

Ad esempio, è importante rafforzare i finanziamenti a ricerca e sviluppo, istituire centri di ricerca qualificati e lavorare sull’elaborazione di modelli economici in grado di risolvere il problema della sostenibilità.

Anche dal punto di vista regolatorio c’è ancora molto da fare. Occorre mettere mano alla normativa europea, rivedere il ruolo dell’Health Technology Assessment, lavorare sulla Direttiva 2004/33/EC e la Direttiva 2004/23/EC, sulla EU Pharma Strategy e sull’accesso ai farmaci da un Paese all’altro.

Le origini delle CAR-T

Francesca Del Bufalo, ricercatrice dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ripercorre le tappe salienti delle terapie CAR-T.

Ricorda come molti dei risultati ottenuti traggano origine dallo studio registrativo del primo CAR-T approvato. Il trial ELIANA condotto dalla Pennsylvania University riguardava una malattia (la leucemia linfoblastica acuta – ALL) inguaribile con tutte le terapie convenzionali.

Malgrado la complessità del trattamento, l’80% pazienti reclutati nello studio ha ottenuto la risposta completa, ovvero la negatività totale alla presenza di cellule tumorali, e una probabilità di sopravvivenza libera da eventi a un anno pari al 50%.

Risultati straordinari, che hanno portato alla rapida approvazione del prodotto nell’agosto del 2017 negli USA e successivamente in Europa. E che hanno rappresentato il punto di partenza per lo sviluppo di nuovi approcci CAR-T.

Le CAR-T al Bambino Gesù

All’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù sono stati sviluppati due approcci CAR-T a partire dallo studio ELIANA.

Il primo è stato applicato su una popolazione sovrapponibile a quella di ELIANA, con risultati analoghi. Questo lavoro di ricerca ha permesso di evidenziare alcuni dei fattori limitanti di questo approccio, come il tempo di attesa per la produzione della terapia (fra le 4 e le 6 settimane) e la difficoltà del suo allestimento nel caso di pazienti con elevato carico di blasti nella circolazione periferica.

Per superare questi ostacoli è stato quindi sviluppato un secondo approccio (il trial è partito nel marzo scorso), nel quale il prodotto è generato interamente con un sistema  completamente automatizzato che ha permesso di rimuovere la componente blastica.

In questo modo, la tempistica di attesa si è accorciata significativamente e sono state eliminate le criticità correlate ai pazienti con elevato carico di blasti. Inoltre, la procedura ha permesso di allestire un prodotto adatto anche ai pazienti con forte citopenia, con un profilo di sicurezza sovrapponibile a quanto già noto con le CAR-T.

Si è ottenuta risposta midollare completa in tutti i pazienti, con negativizzazione delle cellule CD-19 (il marker più importante è l’aplasia B-cellulare) e persistente remissione completa della malattia.

ATMP nelle emoglobinopatie

Altri ambiti di patologia rilevanti con possibili applicazione degli ATMP sono rappresentati dalle emoglobinopatie, in particolare la beta-talassemia severa e l’anemia falciforme, malattie con impatto epidemiologico e assistenziale rilevante, che rende necessario identificare approcci curativi. Queste metodiche sono state trovate nella terapia genica e nel genome editing.

Viene impiegata una metodica che inibisce il fattore di trascrizione che disattiva la produzione delle catene che compongono l’emoglobina, riportandone la sintesi a livelli normali e rendendo i pazienti indipendenti dalla trasfusione. Su questo aspetto sono attivi 2 trial.

In OPBG i progetti attuali studiano l’estensione dell’applicazione delle terapie CAR-T per nuove indicazioni cliniche o per target innovativi, sperimentano piattaforme diverse e approcci innovativi di gene editing.

La fase 1 nella sperimentazione clinica

I prodotti farmaceutici hanno subito dagli anni ’60 in poi uno straordinario processo di sviluppo. Fra questi, evidenzia Maria Francesca Cometa (Direttore Reparto Valutazione Preclinica e Clinica dei farmaci presso Istituto Superiore di Sanità), le ATMP rappresentano la frangia più innovativa.

In questo contesto, è responsabilità del regolatore assicurare che un medicinale , sia esso sperimentale o da immettere sul mercato, sia sicuro, efficace e di qualità.

Nell’ambito della sperimentazione, la fase 1 è quella più rischiosa: testa i possibili effetti tossici e farmacodinamici del prodotto sull’uomo e, pertanto, richiede un attento intervento regolatorio.

All’Istituto Superiore di Sanità è stato attribuito storicamente l’incarico di valutare tutti i dossier di fase 1, fino al trasferimento della competenza ad AIFA, un passaggio che ha rafforzato le relazioni fra i due enti.

Negli ultimi 15 anni il numero delle richieste di attivazione di trial di fase 1 è cresciuto con rapidità.

Il regolatorio ATMP e la flessibilità

Il fatto che il settore ATMP non possa comunque derogare dal contesto regolatorio e, in particolare, dal processo autorizzativo previsto per tutti i farmaci, malgrado includa prodotti di nicchia con caratteristiche singolari, ha creato rallentamenti in diverse fasi.

La linea guida EMA di riferimento per gli ATMP offre più che altro orientamenti per prodotti già in avanzata fase di sviluppo. Per tutti gli altri, occorre applicare criteri di flessibilità e fornire, in un contesto di condivisione del rischio, la garanzia di sicurezza al letto del paziente.

Le terapie avanzate hanno subito la più rapida evoluzione metodologica per quanto riguarda le fasi precliniche, in un quadro in cui talvolta anche la classificazione pone dubbi e orienta l’approccio a questi prodotti.

La sicurezza

Malgrado i rischi connessi all’uso di queste terapie siano ormai noti, sappiamo che si rivolgono a target terapeutici estremamente sensibili, a pazienti con elevati medical needs. Sono impiegate per il trattamento di malattie genetiche spesso rare, orfane, con aspetti a volte non ancora chiariti completamente.

Gli aspetti critici sono rivolti, pertanto, alla qualità del prodotto.

La sfida è quella di bilanciare gli aspetti di sicurezza con il beneficio clinico, in un contesto estremizzato, per le caratteristiche dei pazienti e delle loro malattie.

ATMP: il ruolo del regolatorio

Il progetto CAR-T Italia è un’opportunità fondamentale su cui coinvolta AIFA, in linea con indirizzo strategico del regolatore: Luca Arnaudo porta la posizione dell’agenzia del farmaco sul processo autorizzativo delle terapie avanzate, nel quale l’aspetto regolatorio ha un duplice piano, nazionale e sovranazionale.

Spiega i vantaggi della posizione europea rispetto a quella di FDA e delle differenze significative fra gli approcci dei due enti regolatori, in un contesto generale in cui tuttavia, i regulatory pathway stanno convergendo.

L’esperienza dell’Agenzia Italiana del Farmaco mostra che è bene accompagnare fin dall’inizio del percorso lo sviluppo di questi prodotti, affiancando i professionisti e gli enti direttamente impegnati.

Per quanto riguarda gli studi clinici, la messa in opera del Regolamento (UE) 536/2014 ha ricadute in tutti gli Stati membri.

In Italia siamo in fase di adozione del pacchetto di decreti attuativi, ma su alcuni elementi relativi agli ATMP si sta svolgendo un serrato confronto istituzionale. Da queste scelte dipenderanno eventuali vantaggi competitivi del nostro Paese nella produzione.

In Europa ci siamo dotati del percorso PRIME, valido per tutti gli strumenti innovativi ma specificamente per ATMP, se è vero che più della metà dei farmaci che vi accedono appartengono a questa categoria.

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