Impariamo dal passato: nervi saldi contro scelte affrettate

Dall'antimicrobicoresistenza all'incredibile vicenda che ha portato all’autorizzazione dell’impiego di anticorpi monoclonali anti SARS-Cov2. La forza della scienza è basarsi sui dati e imparare dal passato, e non è ammissibile che possa perdere di credibilità

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Anche se un po’ nascosto mediaticamente dalla pandemia, il problema della resistenza agli antibiotici è oramai noto anche al pubblico non specializzato e, fortunatamente, le campagne per un uso attento e parsimonioso stanno avendo, lentamente, effetto.

La resistenza agli antibiotici e il boomerang del magic bullet

Qual è il problema? Il problema è che i batteri hanno un tasso di replicazione infinitamente più veloce del nostro (homo sapiens passa attraverso tre generazioni in circa un secolo, un batterio facilmente in qualche ora). Le replicazioni inducono costantemente errori di lettura del patrimonio genetico, e un organismo che si replica velocemente ha occasione di accumulare un gradissimo numero di errori di lettura, trascrizione, traduzione. Alcuni di questi errori (mutazioni) sono esiziali per il batterio. La cellula batterica che li acquisisce non riesce a sopravvivere, e, figurativamente, si porta quella mutazione nella tomba. Altre mutazioni sono più o meno irrilevanti. Altre ancora, invece, forniscono – casualmente – un vantaggio al batterio.

Il vantaggio del batterio è, fondamentalmente, quello di sopravvivere in un ambiente ostile. L’ambiente ostile può essere dato dal sistema immunitario che prova a fagocitarlo. Oppure a un antibiotico (naturale o assunto dall’ospite come cura) che prova a ucciderlo.

Ricordate: le mutazioni sono casuali. Se casualmente, un individuo batterico sviluppa una mutazione che “resiste” a un antibiotico, il trattamento con quell’antibiotico “selezionerà” solo quell’individuo, uccidendo tutti gli altri. Il superstite trasmetterà alla progenie la mutazione che consente di vivere nell’ambiente antibiotico. Ecco che si è sviluppata la “resistenza batterica”.

Attenzione, la capacità di selezionare geni di resistenza non è una qualità on-off. Dipende moltissimo dalla concentrazione dell’antibiotico, della durata del trattamento, dalla specificità d’azione.

Per questo, la situazione peggiore è quella di assumere un antibiotico non specifico, a basso dosaggio, per un tempo insufficiente. Oppure, ancora peggio, un antibiotico non adatto, a basso dosaggio, per un tempo lungo.

Ad esempio, se trattiamo gli animali da allevamento con antibiotici, questi si accumuleranno nella filiera alimentari, e ciascuno di noi sarà esposto a dose molto basse di antibiotici, che silenziosamente fanno il loro lavoro di uccidere i poveri germi sensibili e selezionare quelli resistenti.

Paradossalmente, il “magic bullet”, il proiettile precisissimo, quello che agisce su di un punto preciso del batterio, è quello potenzialmente più pericoloso: se casualmente nel batterio si produce una mutazione “favorevole” nel punto dove agisce il proiettile, il proiettile stesso non fa altro che selezionare potentemente la progenie mutata: la selezione del ceppo resistente diventa rapida ed efficientissima. Nel giro di poco tempo, quello che era il proiettile magico diventa una polvere bagnata.

L’incredibile vicenda degli anticorpi monoclonali

Bene (anzi, male). Che differenza c’è con un virus e un antivirale? Nessuna!

Un trattamento antivirale specifico, sottodosato, oppure non biodisponibile oppure per qualche motivo non efficace, non fa altro che selezionare le varianti virali a lui resistenti.

Attenzione. Queste varianti NON sono generate dal trattamento: sono casuali, e si verificano in continuazione per errori di lettura e di scrittura del materiale genetico. In condizioni normali, il sistema immunitario dell’ospite (che aggredisce il virus contemporaneamente da diverse parti, e con azioni sinergiche) è in grado di tener a bada (per un po’ di tempo) queste mutazioni.

Ma se io aggiungo al sistema immunitario un antivirale specifico ma non adatto, ecco che l’antivirale (ad esempio un anticorpo monoclonale antivirale) neutralizza gran parte delle varianti, tranne quella cui casualmente è resistente.

Questa variante si accumula, in brevissimo tempo diventa dominante in quell’ospite, l’ospite magari guarisce anche, ma mantiene una piccola carica virale mutata che può esser trasmessa ad altri. In tempi rapidi, questa variante diventa dominante.

Ecco. Ci sono oramai amplissime prove che i trattamenti fatti nei mesi scorsi con il “plasma dei guariti” (una miscela di anticorpi) è stata la causa della emersione delle varianti a elevata fitness di cui abbiamo molta paura questi giorni.

Oramai tutti sappiamo della incredibile vicenda che ha portato all’autorizzazione (in quale forma non si sa) dell’impiego di anticorpi monoclonali anti SARS-Cov2, e all’impegno di mezzo miliardo (dico, mezzo miliardo) di euro per il loro acquisto a spese dei cittadini.

Il CTS di Aifa aveva, come tutte le agenzie del farmaco del mondo, compresa la FDA, espresso numerose e circostanziate riserve sul loro utilizzo fuori da studi clinici randomizzati. Purtroppo, una furiosa campagna politica e di stampa filo-governativa, ha indotto l’agenzia ad autorizzarne l’uso, pur confermandone, anche in maniera più forte di prima, la sostanziale mancanza di prove di beneficio.

Questa è una brutta storia di interferenza della politica in questioni che dovrebbero invece esser trattate in primis da ricercatori, ma allo spreco di denaro pubblico – non che non sia importante, anzi! Soprattutto in un momento in cui la richiesta di cure, personale, investimenti, ricerca indipendente, è elevatissima – si somma il problema di effetti negativi a medio termine.

Se davvero, improvvidamente, si iniziassero a usare senza criteri definiti dei farmaci che hanno già dimostrato di essere inefficaci verso la gran parte delle varianti circolanti, e avere la capacità di selezionare essi stessi le varianti, questo potrebbe portare all’emersione di ceppi che potrebbero avere maggior trasmissibilità, diversa manifestazione d’organi, e addirittura vanificare l’efficacia dei vaccini che faticosamente stiamo somministrando.

Purtroppo, anche in questa storia si manifesta il desiderio – comprensibile – del trattamento “esotico” salvifico, che arriva all’improvviso, come se fosse la cavalleria dei film western, a salvare Fort Apache.

Non è quindi sorprendente che dietro le posizioni dei fautori del trattamento “ora e subito”, del “muoviamoci”, si siano coalizzate tutte le peggiori rappresentazioni dei negazionisti antiscienza, dai no-vax ai complottisti, in una sorta di paradossale unione tra lo scientismo esasperato e la negazione della scienza.

La pandemia sta veramente impattando sull’economia, sulle società e purtroppo anche sulla credibilità che l’approccio scientifico ha nella pubblica opinione.

È comprensibile, ed anche giusto, che ci sia pressione per identificare soluzioni, ma la forza della scienza è quella di basarsi sui dati, e imparare dal passato. Cerchiamo di non disperdere questo patrimonio di credibilità.