Terapie digitali, una nuova era

Le terapie digitali sono interventi mediati dalla tecnologia e mirati a modificare comportamenti o pensieri disfunzionali dei pazienti oppure a gestire i sintomi di alcune malattie: non sono una delle tante app di salute facilmente scaricabili sullo smartphone, né una sorta di telemedicina, ma una vera e propria terapia che, come tale, deve seguire un preciso iter autorizzativo per ottenere l'immissione in commercio

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Terapie digitali

Erbe e piante, sostanze chimiche, geni, cellule. E adesso anche algoritmi e software. La ricerca scientifica avanza e apre le porte alle nuove terapie digitali, interventi mediati dalla tecnologia e mirati a modificare comportamenti o pensieri disfunzionali dei pazienti oppure a gestire i sintomi di alcune malattie. Questo trattamento innovativo, che si può utilizzare da solo oppure in aggiunta a un farmaco, è innanzitutto basato su uno specifico principio attivo digitale, responsabile degli effetti curativi (e in alcuni casi anche di quelli indesiderati). Così come il principio attivo dell’aspirina è l’acido acetilsalicilico, analogamente quello di tali trattamenti può essere la terapia cognitivo-comportamentale, il colloquio motivazionale, la psicoeducazione o un mix di questi e altri elementi.

La forma e gli eccipienti delle terapie digitali

Per poter poi essere fruita dal paziente, la terapia digitale ha bisogno di una forma. E se nel caso dell’Aspirina si hanno le compresse e il granulato effervescente, nel caso delle nuove terapie si potranno avere, per esempio, app per smartphone, videogiochi per tablet o consolle, video di realtà virtuale, siti web, dispositivi indossabili. «La scelta della forma dipende sia dalle caratteristiche del paziente (per esempio, un bambino dovrà essere coinvolto in modo diverso rispetto a un anziano), sia dall’indicazione d’uso della terapia stessa», precisa Giuseppe Recchia, co-fondatore di DaVinci Digital Therapeutics di Milano.

Infine, ci sono gli eccipienti, che hanno lo scopo di favorire la corretta assunzione del prodotto. Nell’Aspirina sono per esempio presenti amido di mais per dare volume e consistenza al medicinale (se ci fosse solo il principio attivo la compressa avrebbe dimensioni talmente minuscole da non poter essere maneggiata), cellulosa microcristallina per produrre compresse stabili e resistenti ma che nel contempo si disgregano facilmente liberando i principi attivi, citrato monosodico per aromatizzare il prodotto. Nel caso delle terapie digitali si punta su assistenti virtuali, promemoria, giochi (con punti, livelli, premi), collegamenti dell’utente con il proprio medico e con altri pazienti con la medesima patologia.

Attualmente il Politecnico di Milano sta realizzando un progetto mirato a identificare e realizzare gli eccipienti digitali più appropriati per le varie necessità terapeutiche.

Una vera terapia per contrastare patologie diverse, dalla depressione all’obesità

Da tutto ciò appare evidente che questi dispositivi non sono una delle tante app di salute facilmente scaricabili sullo smartphone, né una sorta di telemedicina, ma una vera e propria terapia.

In particolare, il trattamento, che deve essere prescritto dal medico (anche se in alcuni casi può essere fornito al paziente direttamente dal produttore, come avviene nel caso dei farmaci da banco) e che potrebbe essere rimborsato dai servizi sanitari pubblici o privati, può essere impiegato per contrastare varie patologie, come depressione, dipendenza da droghe o da nicotina, disturbo da deficit di attenzione e iperattività, autismo, insonnia cronica e occasionale, schizofrenia, disturbo d’ansia, disturbi dell’alimentazione.

A queste malattie di pertinenza psichiatrica, neurologica o psicologica, si aggiungono poi obesità, ipertensione, asma, broncopneumopatia cronica ostruttiva, diabete di tipo 2 e perfino le reazioni avverse derivanti dalla chemioterapia o da altri farmaci antitumorali.

Per intenderci, prendiamo l’esempio della signora Maria, 67 anni, in sovrappeso e con il colesterolo sopra i 270 milligrammi per decilitro. Le piace la buona tavola, soprattutto i formaggi stagionati e gli insaccati, che mangia almeno tre o quattro volte alla settimana. In più fuma una decina di sigarette al giorno e trascorre gran parte del tempo libero sprofondata nel divano davanti alla tivù. In questo caso, la terapia digitale, associata o meno alle statine secondo l’indicazione del medico, sarà focalizzata a promuovere un’alimentazione più sana ed equilibrata, a ridurre la dipendenza dal tabacco, a contrastare la sedentarietà anche attraverso brevi passeggiate. Tutti interventi comportamentali in assenza dei quali non è possibile ripristinare una condizione di salute.

Servono studi rigorosi

Ebbene, ma tutto questo è destinato a funzionare? Sì, perché le terapie digitali passano al vaglio di una rigorosa sperimentazione che ne dimostra l’efficacia.

«Quando si tratta di creare una nuova terapia di questo tipo, un gruppo di esperti sviluppa innanzitutto il software e la forma digitale», spiega Recchia. «Una volta ottenuta la prima versione del dispositivo, inizia la ricerca sul paziente, che prevede varie fasi: pre-test per valutare l’interfaccia utente; studio clinico pilota, condotto su un numero limitato di pazienti, per ottenere indicazioni preliminari sull’efficacia e sulla tollerabilità della terapia; studio clinico completo, che consiste nella sperimentazione randomizzata e controllata. Nel caso di terapie digitali in aggiunta a un farmaco, la sperimentazione deve dimostrare la superiorità terapeutica della combinazione nei confronti del solo farmaco, mentre nel caso di terapie digitali usate da sole si deve dimostrare la superiorità rispetto al placebo. Una volta conclusi gli studi e ottenuta l’autorizzazione all’immissione in commercio, occorre poi continuare a vigilare su queste terapie in modo da rilevare e gestire eventuali effetti avversi».

A oggi le terapie digitali sono diffuse, e talvolta rimborsate, soprattutto negli Stati Uniti. In Europa i Paesi più all’avanguardia sono Germania, Francia, Gran Bretagna. L’Italia sta muovendo ora i primi passi in questo ambito: l’Istituto superiore di sanità ha di recente costituito un apposito gruppo di studio, l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) sta approfondendo il settore, alcune università e startup stanno sviluppando la ricerca, con lo sguardo rivolto al prossimo futuro.